Words, Febbraio

BASTA CON LE IMMAGINI

 Un tempo attorno allo sguardo attento dell’uomo si svolgeva il paesaggio, che ora diviene “l’immagine serena della verde pianura” piuttosto che “l’immagine maestosa dei baluardi granitici”, ed alle pareti, immagine del benessere, non stanno più appesi anonimi dipinti bensì le immagini di precise correnti artistiche.

[…]

Di contrappunto l’immagine tecnologica ci aggredisce, scopriamo l’immagine pubblicitaria, leggiamo il racconto per immagini, impaginato dal coordinatore di immagini, e ci lasciamo circondare per ogni lato da questo mondo delle immagini, poiché viviamo nella civiltà dell’immagine, che poi significa entrambe le cose; epoca civile che si affida al messaggio dell’immagine e doveroso tributo al grado di civiltà, che essa immagine esprime. 

Ecco dunque l’immagine aziendale, l’immagine coordinata, la corporate image, la design image, la total image. Ma vi sono in più, anche da noi, l’immagine di una nazione, l’immagine di una realtà sociale, l’immagine di un costume politico e l’immagine che si rispecchia in una contingenza congiunturale. 

Ognuno di noi può essere domani stesso, per un avventato redattore, l’immagine dell’onestà piuttosto che l’immagine della lussuria, l’immagine precisa di un identikit o l’inesatta immagine di un refuso, senza che nessuno si ribelli di essere divenuto l’immagine di un conformismo crescente. 

Frattanto i creatori di immagini lavorano curvi al tavolino, i cercatori di immagini rovistano gli archivi, mentre i cacciatori di immagini corrono dattorno con una rete per coleotteri.

(Immagine ironica). I consumatori di immagini sono oramai insaziabili. In alcuni testi sono anche definiti utenti e fruitori dell’immagine. 

(Immagine d’uso). Divorano tutto, immagini televisive, immagini cinematiche, immagini programmate, immagini comunque stampate, più o meno comunicanti. 

La comunicazione visiva, in ogni caso, è comunicazione per immagini ed il regista della situazione altro non è che un ordinatore di immagini, cui non deve mai mancare l’immaginazione.

L’immagine può essere reale o solo apparente. Esistono, a lato, l’immagine fittizia l’immagine ambigua, l’immagine allegorica l’immagine metafisica e quella biunivoca, Metaimmagine e paraimmagine. Non sempre si tratta di delicate immagini poetiche. Immaginate l’aggressiva immagine del moderno superuomo dei Comics, l’immagine di Hiroshima rasa al suolo, l’immagine del bonzo che si lascia bruciare vivo per protesta.

Oggi sulle immagini, il linguaggio dell’immagine, la associazione di immagini, si scrivono lunghi articoli.

[…] 

Di notte, nei sogni, ci assalgono le immagini felliniane dell’infanzia, le immagini freudiane della pubertà o quelle angosciose degli incubi gastronomici. E se pensiamo alla TV vediamo l’immagine dell’utente dell’immagine, seduto a godersi l’immaginario spettacolo della sera. O l’immagine vuota dello schermo vuoto. Come l’immagine dell’infinito o dell’inconsulto. Mentre sono scomparse le immagini oleografiche.

Un tempo erano immagini solo quelle dei santini; le immaginette che i ragazzi si portavano a casa da dottrina, mentre ora troppe cose sono immagine di una insoddisfazione umana. 

E l’assuefazione all’immagine spinge a cercare nuove icone. Perché l’immagine è obsolescente.

Allora basta con le immagini. Naturalmente non mi rivolgo all’editore di IMAGO, né ad un amico che scrive racconti per immagini, né a tutti gli ordinatori di immagini, né alle neonate gallerie dell’immagine, né a cercatori, cacciatori, creatori e costruttori di immagini vere, e nemmeno agli ignavi che fruiscono, e neppure

agli scettici che in casa tengono soltanto l’immagine di un muro bianco calce sopra a vecchi canterani laccati di candido smalto sintetico. Basta con le immagini.

Con le immagini di piccole autovetture di latta, che la televisione ci offre all’ora di cena, spinte senza ragione, o da una ragione folle, ad incastrarsi sotto i treassi. Con le immagini di case crollanti tra gli aranceti sopra un terreno franoso. Con le immagini di armi noleggiate in periferia per un colpo in centro. Basta con le immagini impietose di grigie povere Lolite di provincia, contrapposte a quelle trionfanti delle bionde bellezze ipervitaminiche dei concorsi. Basta con le immagini

zuccherose di un benessere fatto di cambiali, con le immagini pompose di una Italia inaugurante, con le immagini ipocrite di un perbenismo piccolo borghese, con quelle allusive di una pornografia di contrabbando o peggio con quelle vanagloriose di una virilità nazionale che osanna ancora ai polli ruspanti.

Basta con le immagini imposte da un presunto pudore di stato, e basta con le spudorate immagini della diffamazione reazionaria.

Basta con le immagini di un paese sporco ed ignorante, con l’immagine dell’analfabetismo, con l’immagine di un paesaggio tutelato solo a parole.

Basta con le immagini dei palazzi cadenti. Con le immagini di cantine zeppe di anfore inutili, di scavi dimenticati, di restauri incompiuti. Basta con l’immagine di una alluvione feroce, di una diga travolta, di un fiume omicida.

Basta anche con l’immagine della svastica sui muri, con l’immagine dei manganelli levati a picchiare e con l’immagine degli elmetti lustri in parata o ammaccati dalle pietre.

Basta con le immagini convenzionali. Il funzionario integerrimo, l’amministratore onesto, il giudice imparziale, l’infallibile investigatore, il simpatico presentatore, il capellone ribelle, la madre rassegnata, il campione invincibile e l’indistruttibile superuomo. Basta con le immagini gratuite.

Abbiamo bisogno di nuove immagini che siano lo specchio sincero di una realtà nuova.

Abbiamo bisogno di pace, non solo di immagini.

Giancarlo Illiprandi 
Imago, Numero 10 Novembre 1967

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